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in viaggio per ricordare

Si chiude con oltre mille studenti reggiani in visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau e alla città di Cracovia, il Viaggio della Memoria 2018 di Istoreco sostenuto dalla Fondazione Manodori. Numeri ormai solidi per un progetto unico in Italia arricchito da un’esperienza condivisa fra le principali autorità religiose e civili di Reggio Emilia. Istoreco, l’istituto storico di Reggio Emilia, dalla metà di febbraio ad inizio marzo ha condotto in Polonia quasi 1.100 studenti delle scuole superiori della provincia in tre turni distinti.
Fra i viaggiatori, anche il presidente della Fondazione Manodori, Gianni Borghi. Da anni la Manodori è uno dei principali sostenitori del progetto, con un contributo costante nel tempo che rappresenta un valido aiuto all’organizzazione e alle famiglie. A conferma del valore di questo rapporto, anche il presidente Gianni Borghi ha partecipato quest’anno all’esperienza, viaggiando con gli studenti nelle diverse tappe, comprese quelle più intense nel luogo simbolo dell’esperienza, il complesso di Auschwitz-Birkenau.
Oltre al consueto programma di visite e approfondimenti, l’edizione 2018 ha previsto un’iniziativa particolare. Il 21 febbraio tre pullman con quasi duecento fra ragazze e ragazzi hanno raggiunto il luogo simbolo dell’Olocausto, Auschwitz-Birkenau. Con loro il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, il presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giammaria Manghi, il vescovo della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, Massimo Camisasca, il rabbino Beniamino Goldstein, della comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia e l’imam Yosif El Samahy, in rappresentanza delle comunità islamiche di Reggio Emilia. Le autorità invitate da Istoreco hanno tutte accettato la chiamata, contribuendo ad un dialogo intenso, un’esperienza mai proposta a livello italiano.
L’idea ha preso spunto dal tema generale del progetto. Il Viaggio della Memoria 2018 era dedicato ai Giusti fra le Nazioni, persone non ebree che durante la guerra hanno salvato la vita ad ebrei, in molti casi guidati dai loro precetti religiosi. È il caso di tanti albanesi che negli anni del conflitto nascosero ebrei in fuga, ricordati dalla mostra “Besa – Un codice d’onore”, allestita da Istoreco nella sinagoga di Reggio Emilia nei mesi scorsi. O dei giusti fra le nazioni cattolici Gino Bartali, campionissimo del ciclismo, e del sacerdote cavriaghese don Enzo Boni Baldoni, parroco nell’Appennino reggiano a Quara, che durante la guerra diede ospitalità a diverse famiglie ebree in cerca di riparo e di una possibilità per scappare dall’Italia.